giovedì 7 novembre 2013

Figli del Potere

Donne che chiedono aiuto, donne che denunciano mariti violenti, donne che non parlano perché minacciate da violenza economica e psicologica, donne che cercano di proteggere i loro figli da questa violenza subita e/o assistita, e che invece di essere ascoltate, tutelate e difese dallo stato a cui si rivolgono, si ritrovano catapultate in pieno Medioevo. Accusate di essere madri inadeguate o addirittura “malevole”, si ritrovano non solo “rivittimizzate”, ma vivisezionate per essere giudicate pericolose alla crescita di figli che hanno partorito e cresciuto fino a quel momento con immensi sacrifici e in grande solitudine (sia affettiva che economica).

Dichiarate pazze, schizofreniche, psicotiche e ostacolative alla crescita del minore, queste donne vengono marchiate e punite come fossero streghe, e quindi allontanate forzosamente dai loro figli, grazie a perizie psicologiche e psichiatriche che oltre ad attingere a piene mani nei pregiudizi di genere, operano nell’ottica di ristabilire l’unico ordine che questa società concepisce: quello del controllo patriarcale.

Ciò che davvero succede nei tribunali italiani, purtroppo, finisce di rado sulla scrivania di chi legifera su certe questioni, ed è per questo che diventa necessaria la denuncia pubblica del perché il nucleo della violenza contro donne e minori, che in questo caso diventa istituzionale con grave responsabilità dello stato, non verrà mai risolto se non si cambiano i parametri di giudizio con un netto ribaltamento culturale, e attraverso una capillare campagna di contro-informazione per l’opinione pubblica e di formazione per chi lavora su questo.

Questi “esperti” della famiglia, che fanno perizie e dichiarano le donne pazze, sono in grado di stravolgere la vita di un intero nucleo, dichiarando una madre inadatta – non si capisce poi rispetto a quali parametri – con una semplice CTU, la famosa Consulenza tecnica d’ufficio, che viene chiesta e accolta dal giudice in quanto diagnosi alla quale si risponde con un provvedimento, senza magari neanche approfondire la modalità di un giudizio così impegnativo e così decisivo per le sorti di tutte le persone coinvolte.

Il nodo inspiegabile però di tutta questa catena, è come un giudice possa accettare una diagnosi così importante senza valutazioni certe e conclamate, e senza la dimostrazione che ci sia un pericolo vero e imminente per il minore. E cioè come possa firmare un provvedimento per un prelievo forzoso del minore da casa o da scuola, che provocherà, oltre tutto, lo sradicamento del piccolo dal suo ambiente, dalla sua casa, e dai suoi affetti. Un trauma lecito solo se ci sono pericoli evidenti e incombenti per il minore, che in caso contrario può essere considerata una violazione dei diritti del fanciullo.

Situazioni che farebbero impazzire ogni donna sana e tutto questo deve cessare. 

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